giovedì 31 luglio 2008

In punta di piedi

La danza classica l'ho riscoperta da poco. Quand'ero all'asilo e mi chiedevano, classica domanda "Cosa vuoi fare da grande?", la mia buffa risposta era "La ballerina e la cavallerizza". Due mestieri che ben si conciliavano tra loro, insomma... tipo che non so, al mattino andavo a cavallo e al pomeriggio alle prove di danza, con le mie belle gambe rese diritte dalla postura in sella...

Nove anni di danza classica, poi ho capito che quella non sarebbe stata la mia strada (va beh, in realtà mi era chiaro già da un po'), così ho smesso per dedicarmi alla recitazione.
Non è stata una perdita per il balletto internazionale, nemmeno per quello nazionale o regionale o cittadino; massì, ero bravina, ma non avrei mai potuto fare strada, anche solo per il fisico, che non è quello giusto... fossi andata dagli Amicidimaria la maestra Celentano non sarebbe stata contenta di me (ah, ma allora avrei rivendicato il fatto che non poteva portarmi via il mio sogno, e che se vuoi tanto tanto una cosa, poi questa cosa si avvera! E le fatine e i cerbiattini avrebbero volteggiato leggiadri intorno a me).

Ehm. Tornando in tema dopo questa non necessaria digressione (mah), la danza non sentì la mia mancanza, nè io del resto sentii la sua.

E poi ho cominciato a sognare di essere sul palcoscenico, e ballare con un bellissimo costume, e ballare bene davvero. Oppure di fare decine di piroette, una di seguito all'altra, con un equilibrio perfetto (cosa che nella realtà mi è sempre mancato), quante ne voglio. Se vedo un balletto in televisione - che sia ballato bene, è chiaro - mi fermo sempre a guardarlo.

Non mi manca la danza nel senso di essermi pentita per averla lasciata: l'ho detto, non sarebbe potuta essere la mia strada, non avrei neanche voluto intraprenderla. Però è tornata, in un certo senso, la vivo guardando i ballerini, immedesimandomi in quegli esseri privi di peso, che paiono non soggetti alla forza di gravità. Mi piacerebbe sapermi muovere come loro, questo sì, ma mi accontento anche di immaginarmelo...
e poi un modo (a parte quando sogno, è chiaro) per "danzare" ce l'ho...

lo posso disegnare.
Ed inventare una storia, chissà... ci sto lavorando.
Vedremo cosa ne verrà fuori.

lunedì 28 luglio 2008

Sciocchezzàula...

Per provare nuovi disegni.
Per provare nuovi colori.
Perché... sì.

Ma soprattutto...





...perché il Carlino è il Carlino, e Baulino è Baulino.
Eh. Eh. Eh...:)

venerdì 25 luglio 2008

Un premio...?!:O


Che dire... ringrazio davvero Rossana per avermi assegnato questo premio blogghesco! Contentezza & imbarazzo...:)

Bene! Le frasi storiche non sono il mio forte, perciò passo subito a fare a mia volta le nominéscions:

  1. a Rossana, perché mi piace quel che scrive e come lo scrive;
  2. alLa Ele, dal bianco e nero intenso e tagliente, così come ciò che scrive;
  3. a Sabriciola, a volte buffa, a volte dolce e puccettina, a volte poetica e riflessiva, a volte sarcastica e diabolica!:) [p.s. a me l'Uomo Senza Collo continua a mancare un bel po'...:)]
  4. a BlackSand, perché è interessante leggere di altri processi creativi;
  5. a Verolla, con un grosso in bocca al lupo per il suo romanzo;
  6. a Giorgio, perché mi mancano i suoi post;
  7. a Spino, perché dice sempre la sua.

Per chi desidera partecipare all'assegnazione di questo premio, ecco il regolamento:
REGOLAMENTO
Il Brillante weblog è un premio assegnato ai siti e i blog che risaltano per la loro brillantezza sia per quanto riguarda i temi che per il design. Lo scopo è quello di promuovere tutti nella blogosfera mondiale!
1. al ricevimento del premio, bisogna scrivere un post mostrando il premio e citare il nome di chi ti ha premiato mostrando il link del suo blog;
2. scegli un minimo di 7 blog (o di più) che credi siano brillanti nei loro temi o nel loro design. Esibisci il loro nome e il loro link e avvisali che hanno ottenuto il Premio “Brillante Weblog”
3. (facoltativo) esibire la foto (il profilo) di chi ti ha premiato e di chi viene premiato nel tuo blog.

lunedì 21 luglio 2008

Il mare sul tetto - ricordi e nostalgia

E così, eccomi di ritorno.
...'ccidenti che bel posto! [E che caldo. Prossima vacanza, paesi del nord, o qualcosa di equivalente, io e il Sole torniamo amici durante la stagione fredda. Oppure paesi caldi, che vanno benissimo anche loro, ma non in luglio. No. (Agosto non è stato neanche preso in considerazione)]
Ora si disfa la valigia e ci si rimette al lavoro, che dopo una settimana di vacanza si fa anche più volentieri... molte idee che frullano in testa e hanno voglia di essere espresse in qualcosa di condivisibile. E bei ricordi che si aggiungono agli altri, e che chissà magari entreranno, letteralmente o simbolicamente, in una storia futura...
ricordi: proprio di questo oggi vorrei parlare.

Il tempo scorre, lo dicevano anche gli antichi, e in questo fluire il futuro diventa presente ed il presente diventa passato. E' questo che ci interessa, ora, quando i momenti che viviamo passano a far parte dei nostri ricordi...
Scene, immagini, suoni, anche odori... a volte prendono di sorpresa, tipo quando ci si ritrova ad ascoltare una canzone legata a qualche periodo della nostra vita, e inaspettatamente ritornano tutte le sensazioni di quando quel passato era presente; a me capita anche con gli odori (essendo stata, con tutta certezza, un gatto, in una mia vita precedente - l'ho già detto? mah... ricordi tanti, memoria poca - io uso molto anche il senso dell'olfatto), tanto che succede spesso che avverta un aroma che mi risveglia una sensazione, senza che io riesca ad associarla a qualche avvenimento.
E c'è la nostalgia. E' naturale che le cose passino (beh, spesso trasformandosi in qualcosa d'altro), è naturale che ripensarci le faccia rimpiangere un po'... in senso buono, un sentimento dolceamaro, da rivivere con un sorriso un po' malinconico, ma non triste, perché anche se è passato quel momento è stato vissuto, e come ricordo ci apparterà sempre...

...ma se quello che si aveva non lo si ha più perché qualcuno o qualcosa ce l'ha portato via...?


venerdì 11 luglio 2008

Tempo di vacanze...

Eeeh sì, è quasi ora di prendere il treno... domani a quest'ora io e Ale saremo qui:


... perché nessuno di noi due era mai stato più a sud di Roma, ed era ora di rimediare; così ci si fa un bel giro a Vieste, nel Gargano, sperando nel bel tempo e nella non troppa cagnara...

Torneremo sabato prossimo, per cui è probabile che non tornerò a scrivere qui prima di lunedì 21; cercate di resistere per questa lunga attesa!:)

E visto che non mi farò viva per tuuutti questi giorni, vi saluto con un racconto scritto l'anno scorso, che non c'entra un accidente con il mare, l'estate e le vacanze, ma la cosa non ha in effetti nessuna importanza.
Spero che vi piacerà... e arrivederci al mio ritorno!

Tra Orfeo e Alice


E poi Federico era morto.


E di colpo non c’erano più passeggiate, racconti alla luce della pila perché erano le tre di notte, niente più scherzi o patatine fritte. Non c’erano più le sue barzellette né i suoi pensieri profondi né le sue poesie malinconiche. Di colpo, perché nessuno se lo aspettava.
Correggo: forse gli altri se lo aspettavano, io no, di certo no. È uno strano sospetto, una sensazione, ma a volte ho pensato che la scarsità di particolari che mi erano stati forniti fosse causata da una forma di premura nei miei confronti, come a volermi proteggere da una realtà troppo triste. In fondo io l’avevo appena conosciuto, quel fratello tanto più grande di me che se n’era andato via di casa che io a malapena balbettavo “Ma-ma” e “pa-pa”, e che quindi non potevo ricordare. Una vita avventurosa… ma ora era tornato a casa, e anche per questo mi chiederò sempre se il suo ritorno non fosse collegato in qualche modo alla sua successiva, e subitanea, e definitiva, nuova partenza. A me in fondo questi particolari non interessano… e non penso che si possa domandare il “perché” di un fatto come questo… e soprattutto pretendere una risposta.
Federico non c’era più, e basta. Di lui era rimasto solo il contenitore, il suo corpo di carne ossa e sangue che fin da bambino l’aveva portato a spasso e gli aveva prestato gli occhi, le orecchie, le mani e il cuore. Non sono tristi i contenitori vuoti… forse un pochino, perché in fondo nel nostro mondo concreto è alle cose concrete che attacchiamo i nostri sentimenti, abbiamo bisogno di abbracciare e baciare e guardare… ma Federico non era lì dentro, non più. Si capiva perfettamente, alla prima occhiata.
Questo era il punto: dov’era ora Federico? Non sono cattolica, non credo nel “Paradiso” come ce lo hanno insegnato i preti. Ma all’anima ci credo eccome, e credo che quella non possa morire. Ecco, io avevo Fede nell’Aldilà.
Se esiste un “Regno dei Morti”, di sicuro non è stato dotato di entrate tangibili nel nostro mondo. Oddio, un modo c’è, se vi si vuole entrare, e lo si può fare ovunque e in qualunque momento… il difetto di queste porte è che sono a una sola via, ripensamenti non sono concessi.
Fede, ti avevo appena conosciuto… e mi hai lasciato senza tanti discorsi e domande che ora non ho neanche in mente, ma che ti avrei fatto, nei giorni insieme che non abbiamo potuto trascorrere. Accidenti, ma ti pare il modo di piantare in asso una sorella ritrovata?!
Ho bisogno di vederti ancora una volta, almeno. Voglio assicurarmi che stai bene, se davvero con la morte si ha finito di tribolare…
Se non ci sono nel mondo porte per l’Aldilà da cui sia possibile fare ritorno, esiste però un non-luogo a cavallo fra questi e altri milioni di mondi possibili: è facile da raggiungere e da lì si può sempre fare ritorno… il problema è che questo non-posto sfugge a qualunque regola logica, ha come una vita propria, e se si può decidere di andare a visitarlo non si può decidere quale sua parte visitare. Non puoi stabilire né il dove né il quando, concetti peraltro privi di significato laggiù; non puoi decidere quando arrivare né quando andrai via; non puoi programmare cosa vedrai. Puoi solo stabilire il momento della partenza.


Il mio momento era subito, chiaramente.


Mi stesi sul letto, e chiusi gli occhi, attendendo il sonno… e il sogno. Non so quanti sogni dovrò fare prima di incontrarti, Fede, ma il loro numero non mi spaventerà. Tu se puoi vienimi incontro…
Nel mio primo viaggio incontrai unicorni in riva ad un lago, con nuvole che vi galleggiavano al centro, nel secondo mi trovai in spiaggia con Madonna ad aspettare un’onda gigantesca che non arrivava mai; la terza volta che riaprii e richiusi gli occhi piombai in un mondo astruso dominato dai colori, dove forme e animali senza capo né coda volteggiavano intorno a me, e ogni volta che mi urtavano mi trasformavano in un diverso tipo di frutto esotico. Il quarto sogno fu spaventoso; la quinta volta non sognai affatto. Le volte successive i sogni erano sempre più come avvolti nella nebbia… dopo due giorni di sonno ininterrotto, non riuscii più neanche a chiudere gli occhi. Era ovvio, ma non potevo accettarlo. Insistetti. Niente. Pensai a cose noiose, a cose rilassanti. Misi su un cd new age coi suoni della natura. Mi preparai litri di camomilla. Nulla. Avevo probabilmente esaurito le ore di sonno di tutto il mese.
Poi, l’idea… come non averci pensato prima?
Trovata la soluzione, il sonno non tardò a ritornare, dolce caldo e pesante come un piumone da pieno inverno.



«Non me lo spiego… è sempre stata allegra, piena di vita…»
«Forse la morte improvvisa di suo fratello…»
«No, l’aveva presa bene, con filosofia… e poi lo conosceva appena…»
La guardano dormire, schierati; la mamma col fazzoletto in mano ha appena trovato un attimo di riposo dal pianto. Lei è nel suo letto, ma il letto è in un ospedale, e il suo sonno è tanto profondo che nessuno è riuscito a svegliarla. Coma, lo chiamano. Intossicazione da sonniferi, hanno detto i medici… mentre la frase tremenda “tentato suicidio” aleggia non detta sopra le loro teste.



Per una ricerca importante ci vuole molta applicazione. Non si possono mica fare le cose con leggerezza. Lo so, è stata una scelta un po’ azzardata, ma non potevo aspettare. E poi questo mondo di sogno è bello davvero. Spero che non si preoccupino troppo per me… ma dovrebbero sapere che ho la testa sulle spalle e che non ho certo voglia di non tornare più…!
Questa volta è un posto ancora più strano. Sembra un deserto, ma è tiepido e sbiadito. Dune su dune che si perdono all’orizzonte, ed è tutto ciò che si può vedere. Cammino. Mi volto, guardo a destra, a sinistra, dietro di me… anche in alto e in basso, perché mi sembra di essere sospesa al centro del vuoto, anche se ho i piedi per terra. Nulla nulla nulla.
Un puntino. Piccolo, nero, laggiù in fondo. Diventa un punto, si ingrandisce ancora. Una linea, una sagoma… una persona.
Corro verso quella figura… è come se corressi nell’acqua. Ordino alle gambe di muoversi più in fretta ma loro non obbediscono. Alla fine cado.
Alzo la testa, e la persona è ora vicinissima… non è Fede, accidenti. È uno strano essere con una lunga coda di cavallo e i lineamenti orientali. Non parla, ma alza un braccio ossuto e indica un punto dietro di me. Poi sparisce, mentre mi volto.
Federico.
Federico. Non ci posso credere.
«Allora era proprio vero…»
«Sì, piccola. Mi hai trovato, nell’unico luogo che è concreto e astratto al tempo stesso… l’unico dove possiamo ancora incontrarci.»
«Fede, non sto in me dalla felicità… ho tante cose da dirti, da chiederti… parlavamo tanto, ricordi?»
«…che tu ci creda o no, è stato il mio ultimo pensiero»
Lo abbraccio. Sono felice… e poi grazie al mio sonno forzato, ho tantissimo tempo ancora per stare con mio fratello…! Stringo più forte Federico… ed è come se perdesse consistenza. Lo guardo, e lui mi sorride ancora… quindi era solo un’impressione? No. mio fratello ha la densità di una nuvola, e se muovo le dita lo perdo di più. Nei suoi occhi vedo il cielo, ma non è una metafora per indicarne il colore… lo vedo anche attraverso la sua fronte, e le guance, il naso la bocca il collo. Sta scomparendo come lo Stregatto di Alice nel Paese delle Meraviglie, e il paragone calza proprio a pennello… anche la terra sotto i miei piedi sembra perdere di solidità… prima affondo poi precipito.
E Federico è solo più un paio di scarpe incolori, e ora neanche più quelle.
Proprio adesso dovevo imitare Alice???



Riapro gli occhi, e niente è mai stato tanto difficile.
Sono sdraiata sulla schiena, gambe e braccia distese. Non capisco subito dove mi trovo, ma capisco che non è la mia stanza, dove mi sono addormentata non saprei dire quanto tempo fa. Dove mi hanno portata?
Gli occhi si abituano, ma non vedo niente. Non sono diventata cieca, semplicemente non c’è niente da vedere. Niente ai lati, niente sopra. Niente neanche sotto. Galleggio nel nulla, ma è un nulla che non fa paura… mi sento molto tranquilla… e anche un po’ triste, non so perché. Questo luogo è ancora meno luogo del non-luogo dei sogni.
Sono sola. Forse è per questo che mi sento triste? Poi una mano sulla mia spalla. Mi volto. È Federico! Non l’ho perso… eppure questo fatto, che mi riempie di gioia, acuisce anche la mia tristezza. Mi salgono le lacrime agli occhi, e anche lui sembra provare i miei stessi sentimenti. Mi abbraccia come per proteggermi e per consolarmi.
«Su, sorellina, non piangere… adesso staremo sempre insieme»



Lo guardo, e fra le lacrime gli sorrido: dunque è così che ci si sente: tristi per ciò che non si ha più, felici per ciò che si ha trovato.

martedì 8 luglio 2008

Rolling Cast

Signore e signori, giunge il momento atteso e temuto: la prima catena blogghesca!
Questa è molto carina, e non poco complicata a dir la verità: se venisse girato il film della mia vita, chi farebbe parte del cast?
Dopo un lungo e faticoso casting, a cui moltissime celebrità hanno comprensibilmente risposto, finalmente le selezioni sono chiuse, perciò ecco che in assoluta anteprima vi presento... gli attori!

(necessaria precisazione: sono stati confermati, poiché assolutamente azzeccatissimi, i due interpreti dei ruoli di Beppe Quattrocchi e Giuseppe Calzolari selezionati dalla Ele).

Jean Reno nel ruolo di Giuseppe Quattrocchi

Stanley Tucci nel ruolo di Silvio Speca


Hugh Laurie nel ruolo di Michele Foschini (con occhiali originali del suddetto Michele)

Fabrizio Casalino nel ruolo di Diego Cajelli (pizzetto e, soprattutto, super sopracciglio per l'occasione; l'attore si è dovuto esercitare molto)

Saddam Hussein nel ruolo di Giuseppe Calzolari

John Malkovich nel ruolo di Angelo Stano

Meryl Streep nel ruolo di mia madre

Harrison Ford (pelato!) nel ruolo di mio padre

Kristen Kreuk nel ruolo di Sara

Ashlee Simpson nel ruolo di Sofia (e anche qui occhiali original by Sofia)


Dave Grohl nel ruolo di Ale


Salma Hayek nel ruolo di me


Beeene... a questo punto direi che il turno è di Sabbriciola, Michele Laurie-Foschini, nonché Giorgio e Spino! ihihih...

Questa volta vi presento... Koma

Sono tanti i libri (così come i film... diciamo allora le storie) che mi hanno colpito, negli anni, e mi hanno lasciato qualcosa. Sensazioni, emozioni, o anche scelte di regia, stacchi, ritmi narrativi, qualche scena in particolare.
Quando queste storie sono finite, ogni volta, oltre alla sensazione di avermi portata con loro nel mondo creato dall'autore, di avermi davvero fatto vivere un'avventura, conoscere nuovi luoghi e nuove persone, mi lasciano la voglia di scrivere anch'io qualcosa, che possa trasmettere a qualcun alrto quello che ho provato io.

Mi piace l'idea di condividere qui le storie che mi hanno colpito in questo modo... non proprio delle recensioni, non proprio dei consigli, ma anche questo; soprattutto, voglio soffermarmi sulle emozioni che mi hanno suscitato.
Sono tante, perciò andrò un po' "a caso"; ma direi che un buon modo di partire è parlare dell'ultima storia che ho letto...

Lo spazzacamino è un personaggio che stimola la fantasia: il suo muoversi sui tetti, vedendo così la città dall'alto, da una prospettiva concessa solitamente solo agli uccelli, ne fa una figura vivace e poetica; certo, il suo viso è sempre sporco di fuliggine, ma non possiamo magari considerarlo come un simbolo positivo, di una persona che con la sua vita al di sopra delle brutture del mondo, ci può insegnare a vederlo da un altro punto di vista, e a pulirlo da tutto il suo sporco?
Il papà di Addidas ("Non come le scarpe!") non ha la pretesa di essere così "alato"; lui svolge il suo lavoro, lo fa perché lo deve fare, e basta. La sua figlioletta, ancora piccola, gli è di grande aiuto per pulire i camini fin nei pertugi più stretti, dove lui è troppo grande per infilarsi.
Un uomo pratico, che ama la sua bambina nel modo ruvido di un padre rimasto solo, a cui la vita ha tolto tanto. E se tutto ciò che gli è rimasto è proprio questa ragazzina dagli occhi enormi, non lascerà nulla di intentato per cercare di capire cosa sia quella strana malattia che le fa perdere i sensi spesso e inaspettatamente. Solo che nessun dottore sa dare una spiegazione al fatto.
Poi un equivoco, e Addidas scopre che c'è tutto un mondo al di là dei camini, al di sotto di essi, giù giù nel cuore della terra. Ben più di un enorme sotterraneo, forse proprio laggiù si nascondono le risposte che sulla superficie paiono insolubili...

Già così ci sono moltissime suggestioni, a partire dal mondo dei camini, vera e propria realtà parallela a quella della città "normale"; se prima si parlava della bellezza del vivere in cima ai tetti, qua è tutta un'altra storia, i camini sono tantissimi e sputano in continuazione fumo malsano, quanto la società che piano piano veniamo a conoscere.
Poi c'è quel misterioso Grande Buco, e le persone che lo scavano, costrette a farlo senza saperne il motivo, esseri spersonalizzati e in preda alla paura, perché questo si prova nei confronti di ciò che non si conosce, soprattutto se si è costretti a farlo, tenuti prigionieri da chi sembra non avere scrupoli nel costringerli a restare lì e lavorare.
Una misteriosa organizzazione che fa tanto pensare ai servizi segreti o qualcosa di simile, alla ricerca di Qualcosa, disposta a Tutto pur di trovarla.
...e in mezzo a tutto questo Addidas, coi suoi occhi grandi, a guardare il mondo con l'innocenza e l'ingenuità di una bambina. E' proprio questa ingenuità che la aiuta, perché in certe situazioni è più utile l'istinto che l'esperienza... Una scintilla di vita in un mondo annerito dal fumo, che arricchisce la storia con momenti ironici e buffi, dialoghi brillanti e veloci, che strappano più di un sorriso, e ben più di una riflessione. Addidas e la sua strana malattia, Addidas nei camini, Addidas e "il mostro" che le spiega cosa sia il mondo al di sotto e quale sia la connessione con quello di sopra. Addidas a portare la poesia in questo mondo così verosimile per la sua crudezza, anche se simbolica, a rendere la storia onirica e impalpabile...

Unico problema, bisognerà aspettare ancora un po' per leggere la fine della storia... ma è un'attesa che val la pena attendere!

Koma voll. 1 e 2, testi Pierre Wazem, disegni Frederik Peeters, edizioni ReNoir Comics.

venerdì 4 luglio 2008

Il mare sul tetto - il Paesino

Sono giorni pieni di nuove cose... mi sto (ri)abituando a vivere nella mia piccola città, col pensiero che questa volta non ci sarà un ritorno nella gran Milàn ad ottobre... e questo rende la mia vita decisamente meno caotica e più rilassata. La Ele ha appena scritto un bellissimo post su uno dei simboli della grande città, la metropolitana... ed è vero, un viaggio in metro, se si presta un po' di attenzione agli esempi di varia umanità che ci circondano, può diventare qualcosa di davvero interessante, può essere divertente, malinconico, fastidioso...
Io però per carattere amo la città piccola, a misura d'uomo, dove per spostarsi da un luogo all'altro non è necessario prendere i mezzi, ma basta muoversi sulle proprie gambe e nella peggiore delle ipotesi sarà una camminata di un quarto d'ora; la città grande mi piace per una scappata, per vederla con gli occhi dell'"estraneo", di chi non essendo costretto a far fronte alle necessità pratiche di ogni giorno può apprezzarne solo i lati positivi: i grandi spazi, il brulicare di persone, la quantità di belle cose da vedere. Ma a una come me, che fra tutte le stagioni preferisce l'inverno perché è più "intimo", perché il freddo fuori invita a stare in casa, davanti ad un metaforico camino, insieme a chi è davvero vicino al proprio cuore, per vivere non può andare bene che un piccolo centro, raccolto, che si conosce pressoché in ogni angolo.

Di sicuro è anche per questo che "Il mare sul tetto" si ambienta in un paesino, nemmeno una città. A parte l'essere pittoresco, a parte l'ispirarsi ad un paesino che esiste davvero (Cervo Ligure, a due passi da Diano Marina), questo piccole case colorate si possono abbracciare tutte con un solo sguadro, se viste dall'alto... un panorama anch'esso a misura d'uomo, dove di sterminato c'è solo, là in fondo,
il Mare.

martedì 1 luglio 2008

I personaggi che ho amato: Carmen



Un'altra opera lirica, è vero. Ma anche un balletto, ed è in questa veste che ho conosciuto Carmen, una sera di tanti anni fa a quel Vignaledanza che ho già nominato qualche post fa.
La Spagna, il rosso della passione, ma anche il nero della morte, che incombe sui personaggi quando è l'istinto a prendere il sopravvento su ogni altro sentimento.
La sigaraia non è un personaggio positivo, eppure il suo fascino sta anche in questo, nel suo avere come unico interesse il vivere intensamente, senza scrupoli, senza dubbi morali. Lei prende ciò che vuole, prima Don José (totalmente, fino al punto da indurlo a compiere, per amor suo, un crimine ed un omicidio), e poi, quand'è stufa di quest'ultimo, o forse ha semplicemente voglia di una nuova emozione, il torero Escamillo.
E' il fascino del personaggio negativo. Quando facevo recitazione, mi è sempre mancato interpretare un antagonista. Il cattivo è quasi sempre colui che muove l'azione, e spesso è anche il personaggio più intenso, quello che ha le motivazioni più forti, anche se sbagliate.
Identificarsi in Carmen è affascinante, diventare una donna tanto bella e sensuale da far fare agli uomini quello che lei vuole, ed è liberatorio, come lo sono tante storie dalla trama "oscura": nella vita reale mai ci comporteremmo così, ma vivendole attraverso un personaggio possiamo farlo, senza conseguenza reali e senza rimorsi. E' un po' come quando si sogna. E poi lei è l'istinto allo stato puro, il seguire la propria volontà senza porsi problemi.
Il rosso e il nero, l'amore e la morte. Alla fine tutta la sua vitalità le si ritorce contro, proprio per mano di chi, prima di innamorarsi di lei, non si sarebbe mai sognato di compiere un delitto: Don José, reso pazzo dalla gelosia, la trafigge con un pugnale.